domenica 26 aprile 2020

I miei 100 anni del Teatro Socjale

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum

Ho letto sul Corriere di Romagna la celebrazione del Centenario del Teatro Socjale di Piangipane e del Trentennale di gestione dell'Arci.
Dalla lettura apprendo con sorpresa di una Casa del Popolo; io, pur avendo abitato da sempre in loco, sapevo di una sezione socialista, una comunista, una repubblicana più diverse osterie, ma mai un ritrovo con questa denominazione. Essendo l'arco di tempo preso in considerazione abbastanza lungo alcune osterie non esistono più e altre si sono trasformate in bar.
Condivido molto l'analisi storica che fa Luigi Martini del periodo fascista, sugli attacchi ai luoghi di aggregazione dei lavoratori e successivamente della discriminazione messa in atto dalla Democrazia Cristiana. Basti pensare che il mondo cattolico con le Acli e il Movimento Repubblicano tra il 1946 e il 1948 ottengono gli stessi diritti riconosciuti all'Enal, mentre invece l'Arci dovrà aspettare fino al 1967, circa una ventina di anni.
Occorre ricordare anche le vessazioni a cui erano sottoposti i bar gestiti dalle sezioni, con chiusure delle attività ricreative e di mescita e continue visite da parte dei tutori della legge. Buon conoscitore di quelle problematiche è l'attuale Sindaco di Massalombarda Sig. Daniele Bassi, che all'epoca seguì le pratiche per passare la licenza dei superalcolici, ceduta a titolo gratuito da mio nonno Domenico Melandri al Bar Gramsci di Piangipane.
Non conosco Mezzano e perciò mi limito a parlare di Piangipane. Qui Martini compie alcune inesattezze: da noi il Teatro è stato costruito attaccato alla sezione e non dentro la sede della cooperativa, da noi sono state programmate operette, opera lirica, ballo e serate di arte varia, si sono organizzati grandi veglioni in competizione anche con la sala Mazzini; tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio dei ‘60 il Teatro ha ospitato anche riunioni di boxe che, anche grazie alla presenza dei campioni locali, i fratelli Luigi e Paolo Martuzzi e Nerino Lotta, facevano registrare il tutto esaurito; vi era il bar della signora Ines Valentini, l'Osteria di Ettore Agusani, l'Osteria di mia nonna paterna Giuseppa Dalla Casa, il bar della Sezione Socialista e Comunista, l'Osteria di mio nonno materno Domenico Melandri (soprannominato Minghì dla Cuparativa, perché durante la guerra aveva gestito il negozio di Alimentari nel Palazzone della Cooperativa stessa), nel giardino dove abito adesso c'era il campo da bocce; anche nel ponte Zampet c'era la possibilità di bere un bicchiere di vino e anche qui contraddico Martini il quale afferma la scarsa qualità del vino, perché se fosse stato così l'osteria avrebbe perso subito i clienti. Vi era quindi una competizione fra i locali di Piangipane. Ho conosciuto personalmente alcuni ottimi bevitori che sarebbero stati in grado di conoscere anche solo dopo un sorso la differenza fra un buon vino e diciamo un mezzo vino.
Basterebbe leggere il diario di Don Silvio Danesi che rimproverava i Repubblicani di fare dei veglioni negli orari in cui la Chiesa organizzava la Processione col Santo Patrono e rendere così più fiacca la partecipazione delle persone. Vicino a casa mia abitava un suonatore, Porisini, che con un amico fisarmonicista di Santerno, che di soprannome si chiamava e Girì, hanno fatto ballare intere generazioni.
Una lacuna in questa commemorazione è l'aver saltato completamente gli anni delle proiezioni cinematografiche, attività questa che ha impegnato una decina di volontari per ogni proiezione, e non credo che vi siano volontari di prima o di seconda categoria . Gli impegni si protraevano per almeno quattro sere la settimana, in più c'erano le locandine da affiggere nelle plance messe a San Michele, Santerno e Piangipane e questo per tutto l'anno. Nei quattro mesi estivi le proiezioni si spostavano nell'Arena all'aperto, in via Carraia Cooperativa, dove adesso abita Vincenzo Babini. Oltre al normale servizio di sala i volontari tenevano curato un ampio giardino fiorito davanti allo schermo, i Piangipanesi potevano così godersi un po' di frescura nelle afose serate estive, questo era l'unico condizionatore esistente allora. Incaricato alle proiezioni per lunghi anni è stato mio zio Guido, che molte volte mi ha portato in cabina con lui.
Sono dispiaciuto dover sottolineare che il Circolo ARCI TEATRO SOCJALE Ballo esisteva già da un discreto numero di anni, ho trovato fra le mie cose che conservo una locandina che annuncia la programmazione del Teatro SOCJALE Ballo del 1992 e siccome l'attività era iniziata una decina di anni prima ne consegue che la nascita del Circolo Arci Teatro Socjale è avvenuta ben prima del 1987.


Il Ballo è durato anche molto dopo, perciò le varie attività si sono concatenate per lungo tempo. All'apertura delle varie stagioni del ballo il sottoscritto aveva il compito di prendere le generalità dei clienti, compilare le tessere e successivamente versare il dovuto alla cassa dell'Arci .
Sul sito del Socjale è ancora presente la foto del palcoscenico con didascalia non corrispondente al vero e qui intendo ribadire e rafforzare in modo inconfutabile le osservazioni fatte a suo tempo e non prese in considerazione: detta foto illustra sì la condizione dopo la demolizione, ma furono i volontari di allora a demolirlo per poi ricostruirlo ex novo come ancora in uso adesso. Nonostante i lavori eseguiti a noi non fu concessa una agibilità totale ma solo per piccoli spettacoli e con ingresso riservato ai soli soci Arci. Alcuni partecipanti ai lavori: Enzo Rambelli, Alberto Gasperoni, Renzo Dalla Casa, Berto Grilli, Allieto Sintini, Rinaldo Utili, Tomaso Pagnani e altri. Enzo Rambelli rimise a nuovo lo schermo cinematografico e rifece il pavimento del palcoscenico, Vittorio Rotondi e Claudio Roveri rifecero l'impianto elettrico, io, Alberto e Rinaldo fasciammo con la lana di vetro le condutture del nuovo impianto di riscaldamento, con quale prurito ve lo lasciamo immaginare. Il pavimento del Teatro fu opera di Alcide Michelacci e Benito Baldoni che con Giuseppe Sangiorgi, Domenico Maletti, Guido Montanari (Bagarò) e Allieto Sintini si occuparono delle restanti opere murarie, camerini e gabinetti del Teatro. Impossibile ricordare tutti quelli che ci diedero una mano, e che ancora ringraziamo, e l'impegno della sezione in uomini e mezzi fu consistente. Questi lavori ci vennero segnalati di volta in volta da varie visite fatte dalla apposita commissione sulla sicurezza dei pubblici spettacoli. Il sottoscritto partecipò come rappresentante del Socjale ad alcune riunioni che si tenevano presso la Prefettura di Ravenna, trovammo però un ostacolo insormontabile sia nel costo dell'opera che nelle difficoltà tecniche della sua realizzazione. L'opera richiesta che ci fece desistere per i motivi appena esposti era la costruzione di un muro tagliafuoco all'inizio del boccascena. Apprendo invece dalle notizie del Corriere, e con soddisfazione, che attualmente è stata rilasciata l'agibilità totale, anche se onestamente a me il palcoscenico sembra uguale a prima. Qualche anno fa una commissione della sezione incontrò alcune ragazze inviate nelle varie realtà per cogliere eventuali particolarità, noi nell'intervista esplicitammo gli stessi argomenti sopra descritti.
Componevano la commissione il sottoscritto, il comp. Ezio Folli e il comp. Allieto Sintini; essendo
l'unico ancora in vita non vorrei ci fosse una sorte di anatema contro la commissione stessa.

Una ultima cosa che intendo ribadire è a riguardo della J del Socjale, visto che si torna alla memoria orale di chi dipinse quella parola, sarei molto curioso di conoscere chi raccolse quella memoria; io credo invece molto più semplice e verosimile il fatto che all'epoca la J lunga si usava per precisare la pronuncia consonantica della i davanti a vocale, come recita il Devoto Oli alla pag. 1068 e come mostra una lettera di fine '800 e una di inizio ‘900. Quindi la pronuncia appartiene alla fonetica e non alla grafia.


Una ultima annotazione, nella ricostruzione storica fatta da tale Gianni Arfelli non capisco il perché vengono separati i braccianti dalla propria Cooperativa , perché qualche merito l'avrà avuto se decise di investire per l'acquisto del terreno. Capisco che adesso la politica non tira molto, ma a Piangipane nel 1887 era già attiva una sezione socialista, nel 1914 vi fu la settimana rossa, nel 1921 nacque la sezione del Partito Comunista D'Italia, fine '800 e primi '900 leader politici del calibro di Andrea Costa e Nullo Baldini erano di casa e la nomea romagnoli mangiapreti è stata in uso per parecchio tempo, poiché i Romagnoli avevano conosciuto le vessazioni del potere temporale della Chiesa. Un merito importante l'ha avuto anche la sezione comunista investendo in mezzi e in volontari, impedendo così che il Socjale diventasse un deposito di cereali come in qualche estate avvenne. Occorre anche ricordare l'impegno profuso dal Sen. Widmer Mercatali per la costituzione delle Fondazioni e per il reperimento di fondi importanti. Ultimi ma non ultimi per importanza i “ragazzi” attualmente volontari, ora quasi sessantenni, che lo gestiscono adesso.
Vi svelo un segreto: i cappelletti da noi si costruiscono in Teatro e nella sala Rotondi ma tutti e due affondano le radici negli stand delle cucine dirette da Vittorio al Festival dell'Unità, purtroppo ora scomparso come il giornale. Comunque un plauso e un'ode va a tutti i volontari che si sono susseguiti nel corso di questi lunghi cento anni e ora e sempre: Viva il Teatro Socjale di Piangipane.