Ho letto sul Corriere di Romagna la celebrazione del Centenario del
Teatro Socjale di Piangipane e del Trentennale di gestione dell'Arci.
Dalla lettura apprendo con sorpresa di
una Casa del Popolo; io, pur avendo abitato da sempre in loco, sapevo
di una sezione socialista, una comunista, una repubblicana più
diverse osterie, ma mai un ritrovo con questa denominazione. Essendo
l'arco di tempo preso in considerazione abbastanza lungo alcune
osterie non esistono più e altre si sono trasformate in bar.
Condivido molto l'analisi storica che
fa Luigi Martini del periodo fascista, sugli attacchi ai luoghi di
aggregazione dei lavoratori e successivamente della discriminazione
messa in atto dalla Democrazia Cristiana. Basti pensare che il mondo
cattolico con le Acli e il Movimento Repubblicano tra il 1946 e il
1948 ottengono gli stessi diritti riconosciuti all'Enal, mentre
invece l'Arci dovrà aspettare fino al 1967, circa una ventina di
anni.
Occorre ricordare anche le vessazioni a
cui erano sottoposti i bar gestiti dalle sezioni, con chiusure delle
attività ricreative e di mescita e continue visite da parte dei
tutori della legge. Buon conoscitore di quelle problematiche è
l'attuale Sindaco di Massalombarda Sig. Daniele Bassi, che all'epoca
seguì le pratiche per passare la licenza dei superalcolici, ceduta a
titolo gratuito da mio nonno Domenico Melandri al Bar Gramsci di
Piangipane.
Non conosco Mezzano e perciò mi limito
a parlare di Piangipane. Qui Martini compie alcune inesattezze: da
noi il Teatro è stato costruito attaccato alla sezione e non dentro
la sede della cooperativa, da noi sono state programmate operette,
opera lirica, ballo e serate di arte varia, si sono organizzati
grandi veglioni in competizione anche con la sala Mazzini; tra la
fine degli anni ‘50 e l’inizio dei ‘60 il Teatro ha ospitato
anche riunioni di boxe che, anche grazie alla presenza dei campioni
locali, i fratelli Luigi e Paolo Martuzzi e Nerino Lotta, facevano
registrare il tutto esaurito; vi era il bar della signora Ines
Valentini, l'Osteria di Ettore Agusani, l'Osteria di mia nonna
paterna Giuseppa Dalla Casa, il bar della Sezione Socialista e
Comunista, l'Osteria di mio nonno materno Domenico Melandri
(soprannominato Minghì dla Cuparativa, perché durante la guerra
aveva gestito il negozio di Alimentari nel Palazzone della
Cooperativa stessa), nel giardino dove abito adesso c'era il campo da
bocce; anche nel ponte Zampet c'era la possibilità di bere un
bicchiere di vino e anche qui contraddico Martini il quale afferma la
scarsa qualità del vino, perché se fosse stato così l'osteria
avrebbe perso subito i clienti. Vi era quindi una competizione fra i
locali di Piangipane. Ho conosciuto personalmente alcuni ottimi
bevitori che sarebbero stati in grado di conoscere anche solo dopo un
sorso la differenza fra un buon vino e diciamo un mezzo vino.
Basterebbe leggere il diario di Don
Silvio Danesi che rimproverava i Repubblicani di fare dei veglioni
negli orari in cui la Chiesa organizzava la Processione col Santo
Patrono e rendere così più fiacca la partecipazione delle persone.
Vicino a casa mia abitava un suonatore, Porisini, che con un amico
fisarmonicista di Santerno, che di soprannome si chiamava e Girì,
hanno fatto ballare intere generazioni.
Una lacuna in questa commemorazione è
l'aver saltato completamente gli anni delle proiezioni
cinematografiche, attività questa che ha impegnato una decina di
volontari per ogni proiezione, e non credo che vi siano volontari di
prima o di seconda categoria . Gli impegni si protraevano per almeno
quattro sere la settimana, in più c'erano le locandine da affiggere
nelle plance messe a San Michele, Santerno e Piangipane e questo per
tutto l'anno. Nei quattro mesi estivi le proiezioni si spostavano
nell'Arena all'aperto, in via Carraia Cooperativa, dove adesso abita
Vincenzo Babini. Oltre al normale servizio di sala i volontari
tenevano curato un ampio giardino fiorito davanti allo schermo, i
Piangipanesi potevano così godersi un po' di frescura nelle afose
serate estive, questo era l'unico condizionatore esistente allora.
Incaricato alle proiezioni per lunghi anni è stato mio zio Guido,
che molte volte mi ha portato in cabina con lui.
Sono dispiaciuto dover sottolineare che
il Circolo ARCI TEATRO SOCJALE Ballo esisteva già da un discreto
numero di anni, ho trovato fra le mie cose che conservo una locandina
che annuncia la programmazione del Teatro SOCJALE Ballo del 1992 e
siccome l'attività era iniziata una decina di anni prima ne
consegue che la nascita del Circolo Arci Teatro Socjale è avvenuta
ben prima del 1987.
Il Ballo è durato anche molto dopo, perciò le varie attività si sono concatenate per lungo tempo. All'apertura delle varie stagioni del ballo il sottoscritto aveva il compito di prendere le generalità dei clienti, compilare le tessere e successivamente versare il dovuto alla cassa dell'Arci .
Sul sito del Socjale è ancora presente
la foto del palcoscenico con didascalia non corrispondente al vero e
qui intendo ribadire e rafforzare in modo inconfutabile le
osservazioni fatte a suo tempo e non prese in considerazione: detta
foto illustra sì la condizione dopo la demolizione, ma furono i
volontari di allora a demolirlo per poi ricostruirlo ex novo come
ancora in uso adesso. Nonostante i lavori eseguiti a noi non fu
concessa una agibilità totale ma solo per piccoli spettacoli e con
ingresso riservato ai soli soci Arci. Alcuni partecipanti ai lavori:
Enzo Rambelli, Alberto Gasperoni, Renzo Dalla Casa, Berto Grilli,
Allieto Sintini, Rinaldo Utili, Tomaso Pagnani e altri. Enzo Rambelli
rimise a nuovo lo schermo cinematografico e rifece il pavimento del
palcoscenico, Vittorio Rotondi e Claudio Roveri rifecero l'impianto
elettrico, io, Alberto e Rinaldo fasciammo con la lana di vetro le
condutture del nuovo impianto di riscaldamento, con quale prurito ve
lo lasciamo immaginare. Il pavimento del Teatro fu opera di Alcide
Michelacci e Benito Baldoni che con Giuseppe Sangiorgi, Domenico
Maletti, Guido Montanari (Bagarò) e Allieto Sintini si occuparono
delle restanti opere murarie, camerini e gabinetti del Teatro.
Impossibile ricordare tutti quelli che ci diedero una mano, e che
ancora ringraziamo, e l'impegno della sezione in uomini e mezzi fu
consistente. Questi lavori ci vennero segnalati di volta in volta da
varie visite fatte dalla apposita commissione sulla sicurezza dei
pubblici spettacoli. Il sottoscritto partecipò come rappresentante
del Socjale ad alcune riunioni che si tenevano presso la Prefettura
di Ravenna, trovammo però un ostacolo insormontabile sia nel costo
dell'opera che nelle difficoltà tecniche della sua realizzazione.
L'opera richiesta che ci fece desistere per i motivi appena esposti
era la costruzione di un muro tagliafuoco all'inizio del boccascena.
Apprendo invece dalle notizie del Corriere, e con soddisfazione, che
attualmente è stata rilasciata l'agibilità totale, anche se
onestamente a me il palcoscenico sembra uguale a prima. Qualche anno
fa una commissione della sezione incontrò alcune ragazze inviate
nelle varie realtà per cogliere eventuali particolarità, noi
nell'intervista esplicitammo gli stessi argomenti sopra descritti.
Componevano la commissione il
sottoscritto, il comp. Ezio Folli e il comp. Allieto Sintini; essendo
l'unico ancora in vita non vorrei ci
fosse una sorte di anatema contro la commissione stessa.
Una ultima cosa che intendo ribadire è
a riguardo della J del Socjale, visto che si torna alla memoria orale
di chi dipinse quella parola, sarei molto curioso di conoscere chi
raccolse quella memoria; io credo invece molto più semplice e
verosimile il fatto che all'epoca la J lunga si usava per precisare
la pronuncia consonantica della i davanti a vocale, come recita il
Devoto Oli alla pag. 1068 e come mostra una lettera di fine '800 e
una di inizio ‘900. Quindi la pronuncia appartiene alla fonetica e
non alla grafia.
Una ultima annotazione, nella ricostruzione storica fatta da tale
Gianni Arfelli non capisco il perché vengono separati i braccianti
dalla propria Cooperativa , perché qualche merito l'avrà avuto se
decise di investire per l'acquisto del terreno. Capisco che adesso la
politica non tira molto, ma a Piangipane nel 1887 era già attiva una
sezione socialista, nel 1914 vi fu la settimana rossa, nel 1921
nacque la sezione del Partito Comunista D'Italia, fine '800 e primi
'900 leader politici del calibro di Andrea Costa e Nullo Baldini
erano di casa e la nomea romagnoli mangiapreti è stata in uso per
parecchio tempo, poiché i Romagnoli avevano conosciuto le vessazioni
del potere temporale della Chiesa. Un merito importante l'ha avuto
anche la sezione comunista investendo in mezzi e in volontari,
impedendo così che il Socjale diventasse un deposito di cereali come
in qualche estate avvenne. Occorre anche ricordare l'impegno profuso
dal Sen. Widmer Mercatali per la costituzione delle Fondazioni e per
il reperimento di fondi importanti. Ultimi ma non ultimi per
importanza i “ragazzi” attualmente volontari, ora quasi
sessantenni, che lo gestiscono adesso.
Vi svelo un segreto: i cappelletti da
noi si costruiscono in Teatro e nella sala Rotondi ma tutti e due
affondano le radici negli stand delle cucine dirette da Vittorio al
Festival dell'Unità, purtroppo ora scomparso come il giornale.
Comunque un plauso e un'ode va a tutti i volontari che si sono
susseguiti nel corso di questi lunghi cento anni e ora e sempre: Viva
il Teatro Socjale di Piangipane.